Dego Calarco

Viaggio Nelle Scuole

DIEGO CALARCO, CAMPIONE DI RUGBY MANCATO 
MA CON IL TANGO E’ ANDATO IN META
 di Stefania Giuffre'. 22/04/2008 Tango a Palermo © Tutti i diritti riservati

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nda: questa intervista e’ stata realizzata insieme agli altri autori di “Commentango” - Antonio Sciortino, Rosarossa e Mareluna - ma anche con il contributo inconsapevole dei tanti amici ai quali Diego Calarco, in questi anni, ha raccontato esperienze ed episodi della sua vita, privata e professionale. Chiacchierate fra amici che hanno arricchito la nostra conoscenza dell’uomo, oltre che del maestro e del ballerino, e grazie alle quali oggi possiamo raccontarlo a voi.

Inizia a raccontare sommessamente, quasi schernendosi. Quando ci alziamo dal tavolo, dopo due ore, un bel po’ di pizza e diverse lattine di Coca-Cola, ci ha raccontato di tutto, come un fiume in piena. Il tango, Diego Calarco, lo ha sempre respirato in famiglia, in quella Buenos Aires da cui e’ andato via nel 2000. Ma nella quale, prima o poi, tornera’. “Mio padre - racconta - e’ sempre stato un amante del tango ma soprattutto della musica. Da ragazzo andava sempre ad ascoltare le orchestre: allora potevi sentire suonare i grandi, Pugliese era il suo preferito, ma anche D’Arienzo, Troilo. Vivere in quel periodo sarebbe stato bellissimo”. E di suo padre ha fatto sua una frase, diventata il suo motto: “il tango e’ un fluido che, attraverso le orecchie, penetra nella mente, poi si impossessa del cuore, infine delle gambe muovendole”.
Con la sua famiglia ha sempre avuto un rapporto speciale pur mantenendo il suo spirito indipendente, a 23 anni e’ andato a vivere da solo e per sua mamma e’: “il mio uccellino che ha preso il volo”. In Argentina tornera’ proprio per vivere accanto ai suoi genitori gli anni della vecchiaia ma non programma il futuro. E per il tango, che a Buenos Aires dice “vivi in maniera diversa”. “Il mio - aggiunge - e’ un percorso di vita e non solo professionale, altrimenti non potrei dare ai miei allievi quello che riesco a dare. Nella mia vita faccio quello che voglio io, non quello che gli altri si aspettano. Perche’ devo stare bene con me stesso prima che con gli altri”.
Da bambino, come tutti, era attratto dallo sport piu’ che dal ballo, prima il calcio poi il rugby. “Sono piu’ portato a usare i piedi che le mani”, scherza lasciandosi scappare un sorriso e una parolaccia. Per un po’ la palla ovale, che gli ha lasciato un po’ di cicatrici, e il tango si sono contesi il tempo libero di Calarco. “Avevo 15 anni quando mia sorella Daniela, che ne aveva solo 10, inizio’ a ballare il tango. Io avevo sempre pensato che fosse un ballo per vecchi e invece accompagnandola mi accorsi che l’ambiente mi piaceva”. Conquistato insomma dalle ballerine giovani, belle e sensuali inizia a ballare, in coppia con la giovanissima Daniela. E inizia con un grande maestro, Juan Carlo Copes, padre del tango salon: “e’ lui che mi ha fatto capire cos’era il tango. Il milonguero era ancora lo stile piu’ diffuso ma iniziavano le prime sperimentazioni. Io ho avuto la fortuna di studiare con i maestri anziani e di poter poi seguire l’evolversi del tango”. Fra i maestri da cui ha appreso Eduardo Arquimbau, affiancato in quel periodo da Fabian Salas e Celia Blanco; poi Antonio Todaro. "Lui era un grande - dice - , aveva una grandissima capacita' di creare nuove figure come oggi fa solo Naveira, molti dei maestri oggi piu' noti sono stati suoi allievi".

 

  

Video con Juan Carlos Copes e Cecilia Narova.La Cumparsitatratto dal film Tango.


La collaborazione di Diego con Copes dura diversi anni: lo aiutava nelle lezioni e nella conduzione della scuola, partecipava agli spettacoli e alle tourne’, lavoravano insieme in tv. E nel frattempo il primo grande successo: aveva solo 18 anni e in coppia sempre con Daniela si classifica secondo alla prima edizione del Festival del Tango di Buenos Aires, organizzato dalla Casa del Cantor dove poi insegnera’ per quattro anni. “Eravamo abbastanza noti in quel periodo e in quell’ambiente - ricorda - , ci esibivamo in posti molto frequentati come la Ventana o i teatri di Calle Corriente ma era anche il momento di fare esperienze diverse come il programma tv “la Noche con amigo”, un programma interamente dedicato al tango in cui facevamo parte del corpo di ballo”. 
Bravo sin da piccolo, ma la star di famiglia era Daniela, oggi mamma e moglie felice dopo avere riposto in un armadio le scarpette da tango. Quando Daniela decide di mollare il tango, la prima compagna di Diego e’ Anahi. Con lei prepara uno spot pubblicitario per “Juvenilia ‘92”, festival dedicato alle rappresentanze di vari Paesi del mondo che portavano in mostra usi e costumi. 
E mentre passa da un palcoscenico a una milonga o davanti ad una macchina da presa, Diego trova anche il tempo per diplomarsi ragioniere e tentare la strada dell’Universita’, prima Giurisprudenza poi un anno e mezzo in Psicologia. Anche se, a dire il vero, era piu’ il tempo che dedicava al tango che quello che spendeva sui libri. Finche’ la scelta del tango come professione e’ stata naturale: “ero troppo giovane per scegliere consapevolmente, e’ stato quasi automatico. Oggi so che il tango e’ la mia vita e che senza il tango non potrei vivere, ma non solo perche’ lo ballo. Quando ho iniziato io insegnare a Buenos Aires era diverso: cercavi di trasferire agli allievi la passione autentica per il ballo, oggi e’ tutto un business. Chi inizia a prendere lezioni lo fa con l’obiettivo di farne un mestiere”. 
Il desiderio della scoperta, l’Argentina che cambiava, o chissa’ cosa lo portano nel 2000 a Londra. “Ero partito per una vacanza ma avevo voglia di fare un’esperienza all’estero”. E quando in milonga conosce Bianca, tanguera montenegrina che gli propone di lavorare insieme, accetta. Strappa il biglietto di ritorno a Buenos Aires e prende casa in Inghilterra. “Abbiamo iniziato con pochi allievi, poi il gruppo e’ cresciuto. Gli inglesi sono diversi, piu’ severi con se’ stessi e disciplinati ma meno appassionati”. Passa un anno e arriva in Italia, a Bologna. Segue un breve periodo in Egitto, come animatore in un villaggio turistico, e poi in Sicilia, a Marsala per mettere a posto alcune questioni di famiglia. Ma la vacanza, durante la quale conosce i parenti di suo padre, si prolunga piu del previsto.
E’ il 2001, l’anno della crisi economica in Argentina e Palermo e’ una nuova opportunita’. “L’inizio e’ stato duro - racconta Diego, abbassando di un tono la voce - ma sono sempre stato convinto che essere ottimista ti porta a conoscere persone corrette. Io ottimista lo sono sempre stato, cosi’ come fiducioso nel mio lavoro”. E la prima persona corretta che incontra e’ Katia Girgenti, titolare del Centro Stage Danza di via Laurana dove inizia a dare le prime lezioni di tango. “Vivevo li’ - continua - avevo anche una stanza e, fra i miei allievi di allora, c’e’ ancora chi si ricorda di quando li accompagnavo alla porta e tiravo giu’ la saracinesca, lasciandoli stupiti”. Lo racconta sorridendo oggi, mimando il gesto di un saluto attraverso una saracinesca che va giu’ lentamente. 
Un lavoro da portiere in uno stabile e ancora lezioni, in varie scuole di danza, palestre, locali, finche’, quattro anni fa, sale le scale di Palazzo Pantelleria e si trasforma nel principe di una favola moderna: attraverso le imposte di questo splendido edificio nel cuore del centro storico di Palermo le note del tango scendono verso i vicoli della Vucciria, i turisti alzano la testa incantati, gli allievi si innamorano del gigantesco ficus al centro del cortile. Lungo la sequenza di saloni affrescati la musica conduce fino al suo piccolo regno: nella sala in fondo, lui, passi leggeri e lunga chioma raccolta come un indiano d’America, insegna per ore, cinque sere a settimane, fino a non avere piu’ voce al termine delle lezioni. “Palazzo Pantelleria e’ un posto perfetto, quest’atmosfera incantata si sposa perfettamente con quella che e’ una mia fissazione: niente specchi! Se posso scegliere infatti preferisco insegnare senza specchi, con quelli puoi migliorare la postura o cercare la perfezione del movimento ma ti distraggono dal sentire. E il tango devi, prima di tutto, sentirlo. Io non mi sono mai guardato in uno specchio mentre ballo e per me il successo del mio lavoro e’ nel vedere la gente che sente il tango, non che sappia o meno fare un passo”.

 

In questa stagione, accanto ai corsi, ha messo in cantiere un ciclo di seminari, il prossimo dedicato alla tecnica uomo-donna e al tango organico si svolgera’ il 26 aprile all’Hotel San Paolo. “La scuola - spiega - funziona come un’accademia, seguiamo un programma ben preciso per ogni corso. I seminari danno la possibilita’ di approfondire un argomento senza sottrarre tempo alle lezioni ordinarie”. Per informazioni sui prossimi seminari, basta consultare il sito www.diegocalarco.com,https://danzaeterritorio.blogspot.com/.
Per diversi anni ha insegnato da solo, senza una partner. Dal 2005 invece fa coppia con Dulce Cappiello. “Io ho una formazione completa, sono sempre stato molto curioso e ho lavorato tanto sui cambi di ruolo. Ho preferito aspettare per avere una partner con cui c’e’ intesa, visto che ho dimostrato di poterne anche fare a meno”. Del resto il tango e’ un po’ macho...